Riflessioni sulle modifiche dello Statuto della Fondazione, del Socio Giorgio Finucci

Le motivazioni per cui la Fondazione sta cercando di modificare lo statuto sono due:
1) il fatto che può essere cambiato solo dalla Deputazione generale della fondazione e che, quindi, in caso contrario la prossima Deputazione dovrebbe necessariamente essere rieletta a vecchio;
2) le richieste dell’ACRI.
Fondamentalmente le modifiche predisposte servono per adeguarlo alle richieste dell’ACRI.
(associazione di fondazioni e di casse di risparmio), infatti si cerca di ribadire e rafforzare i concetti portati avanti dall’acri stessa di cui Mancini è vice presidente e traggono forza dal fatto che l’associazione 4 /2012 ha approvato all’unanimità la Carta delle Fondazioni: una sorta di codice di riferimento volontario, ma vincolante, che dispone in ordine a nomine, gestione-conservazione del patrimonio ecc.ecc.
In pratica le novità imposte dalla carta delle fondazioni sono
Citiamone solo alcuni: le nomine politiche non possono costituire parte dominante, anzi sarebbe previsto che siano componente comunque non maggioritaria,
Almeno il 50% dei nominati devono avere la residenza nel comune o nella provincia di siena da almeno 3 anni;
Raccomandazioni varie sulla trasparenza verso la collettività di riferimento, sul frazionamento dei rischi e sul controllo del valore del patrimonio che altrimenti metterebbe in discussione il fine stesso della fondazione.
La parte importante è quella delle nomine su cui, Volutamente la fondazione non si è espressa, perché ha rimandato ad una pubblica consultazione. Ma ha fornito poche indicazioni, limitandosi a dare spazio, da un lato, senza la loro prevalenza, agli Enti territoriali storicamente designanti e, dall’altro, alle diverse realtà locali, pubbliche e private, radicate sul territorio senese, e portatrici di interessi meritevoli di “rappresentanza”, nonché alle realtà di livello nazionale ed internazionale che abbiano rilevanza strategica per il nostro territorio.

Concludo la parte dello statuto constatando che la fondazione, pur ricorrendo a consulenze esterne, ha partorito una bozza banale. Sono parole di Laura Vigni che io condivido pienamente.

DOPO aver parlato delle modifiche vediamo un attimo il funzionamento della fondazione e le norme dello statuto attuale..
Attività di programmazione..si estrinseca in tre passaggi
Incontro annuale della deputazione generale con gli enti nominanti. E’ un momento di ascolto di primaria importanza perché, pur nel pieno rispetto dell’autonomia decisionale, la deputazione generale valuta quanto suggeriscono gli enti nominanti.
Documento di programmazione strategica pluriennale (entro settembre per tre anni) è l’atto con cui la deputazione generale trasmette alla deputazione amministratrice le linee di azione strategiche per la gestione del patrimonio.
Documento programmatico previsionale è l’ultimo step, predisposto ed approvato dalla deputazione amministratrice, è approvato ogni anno anche dalla deputazione generale e definisce, per ogni singolo anno i programmi e le modalità di attuazione.

Le Norme principali
art.2 La Fondazione persegue i propri fini istituzionali salvaguardando la consistenza del suo patrimonio e promuovendone la valorizzazione. Amministra le partecipazioni detenute nel rigoroso rispetto delle finalità statutarie.
Art 3 La Fondazione amministra il proprio patrimonio secondo criteri prudenziali di rischio e di economicità in modo da conservarne il valore ed ottenerne un’adeguata redditività.
Sempre art. 3 Nel perseguire l’obiettivo dell’utilità sociale e per mantenere e incrementare lo sviluppo economico la Fondazione, fedele ai legami ricordati, dovrà tra l’altro garantire:
– il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena SpA;

Art 7) va notato che per ottemperare a questo principio i deputati, una volta nominati non rappresentano gli organi nominanti e non rispondono ad essi del loro operato.

Gli ultimi due anni hanno sancito il tracollo: gli aumenti di capitale, i debiti e la discesa sotto il 50%, con la perdita del controllo assoluto, ma la conservazione perlomeno del 33,5% necessario ad impedire la perdita della senesità. Da ultimo, a distanza di pochi mesi da questa decisione, il documento programmatico del 2013 sancisce che è diventato più importante l’azzeramento del debito di tutto il resto ed addio senesità, addio comando ecc. ecc. È il fallimento di tutto. Ma per accorgersene è passato troppo tempo e c’è rimasto poco.

Ma tutta questa programmazione, tutti questi politici che vengono ascoltati ogni anno, ma soprattutto quello che è stato detto e scritto, si è rivelato pesantemente sbagliato in brevissimo tempo dimostrando che si sono sbagliate tutte le analisi. Qui non è stato messo in piedi nessun piano B e si è preferito affondare tutti, senza cercare o proporre soluzioni. La rinegoziazione del debito avvenuta nel giugno 2012 e rivelatasi fallimentare anche per aspetti banali come il normale funzionamento amministrativo…che sicuramente era prevedibile anche sei mesi prima…. E si è venduto anche lo 0,77 di quota libera pochi giorni fa. E si dovrà vendere anche l’altra quota 0,77, rimasta.

Vediamo un attimo i numeri

Diamo un occhio ai valori, perché mentre si fa un gran parlare di regole e di norme statutarie, ma pochi osservano i numeri ed in città si pensa ancora che fra qualche anno tutto torni come prima. Io mi auguro vivamente che sia così, ma purtroppo ho molte perplessità.
Un passo indietro di 5 anni. La Fondazione nel settembre del 2007 aveva un patrimonio, a valore di libro, di circa 6,4 miliardi. La sua quota della banca in azioni ordinarie, risparmio e privilegiate, era nel patrimonio immobilizzato a un valore di libro di circa 2 miliardi. Quella quota mostrava una plusvalenza teorica – cioè quella che avrebbe avuto Fondazione se avesse venduto agli allora prezzi di mercato – di quasi 4,6 miliardi, secondo i dati del bilancio 2007.
Il bilancio del 2011 evidenzia che il patrimonio netto passa da 5,4 md ad 1,3 md. perchè il prezzo di carico è stato portato a 0,3609 (prezzo di vendita per la discesa sotto il fatidico 50% nella primavera 2012.
Per comodità, esaminiamo solo l’asset banca mps. e vediamo che quello che il pegno del 33,5 è valutato a 0,3609 per 1,421 md, oltre a queste azioni oppignorate c’èra un altro 2%..circa. Per farla breve, ad oggi abbiamo uno 0,77% libero e quindi vendibile (circa 16 milioni) ed il 33,5% oppignorato che oggi vale un po’ meno di 700 mil. che rappresenta meno della metà del valore di bilancio 2011.
Un articolo a fonte reuters pubblicato anche su yahoo e non smentito dice che:
La Fondazione Mps, primo azionista della terza banca italiana, ha in pegno con 12 banche creditrici l’intera sua partecipazione strategica del 33,5% di Mps a garanzia del suo debito residuo di 350 milioni. I creditori hanno “la possibilità di appropriarsi delle azioni” in garanzia se il debito supera in valore il 70% del valore di mercato della quota Mps della Fondazione, per praticità diciamo che il suddetto valore non deve scendere sotto 500 milioni.
Questo debito deve essere rimborsato “a rate crescenti” con una scadenza di giugno 2017 che può essere estesa di un anno.
Il piano di rimborso cambia anche a seconda del pagamento o meno di dividendi della banca Mps nel maggio 2013 e maggio 2014 (cioè sugli esercizi 2012 e 2013).
Su questo debito Fondazione paga un Euribor 6 mesi più 425 punti base fino al 2017, e più 525 nell’eventuale anno aggiuntivo a giugno 2018, in due rate annuali a dicembre e a giugno.
LIMITI ALLE EROGAZIONI
Considerando il pegno sulla quota strategica del 33,5% e quello su tutti i titoli Fresh 2008, Fondazione ha libero da pegno, ancora da vendere e quindi nell’attivo circolante, la metà del 2,85% indicato a inizio settembre scorso nel documento. Ha già venduto infatti l’1,44% nelle prime due settimane del settembre 2012.
Il pegno che ha attualmente la Fondazione, non prevede a differenza degli accordi precedenti, “alcuna marginazione in funzione della variazione del prezzo del titolo Bmps”, piuttosto prevede il default se il loan to value (il rapporto tra il valore del debito e quello delle azioni in pegno calcolato ogni mercoledì a valore medio di mercato) supera il 70%.
Si spiega nell’informativa, che Fondazione non può “appostare cassa in garanzia in aggiunta ai titoli” e quindi nel caso di default, l’escussione del pegno prevede che i creditori si approprino delle azioni pegnate oppure che le azioni vengano vendute per soddisfare i creditori, dopo un “grace period” di 15 giorni dal default.
L’accordo con i creditori impone anche alla Fondazione dei limiti alla sua attività istituzionale di erogazione di fondi. Nel 2012 non poteva superare 55 milioni, quest’anno non potrà erogare per i progetti più di 40 milioni e dal 2014 il limite è di 30 milioni.
E’ finita per la Fondazione, l’Era dell’Oro celebrata appena tre anni fa con il volume “Una Fondazione, la sua comunità: 1995-2010”. L’introduzione ricordava che “sono stati quasi due i miliardi di euro erogati da parte della Fondazione Monte dei Paschi di Siena dalla sua istituzione nel 1995 a tutto il 2010”.
E il presidente Gabriello Mancini, che scadrà ad agosto di quest’anno, commentava: “Tracciare un bilancio non è autocelebrazione, ma trasparenza e condivisione”.

Conclusioni

Penso che solo applicando lo statuto vigente si sarebbe potuto e dovuto evitare il disastro, perché le norme ivi contenute e la pianificazione predisposta erano più che sufficienti. Bastava che i nostri amministratori si fossero posti un limite come fa qualunque padre di famiglia quando investe i risparmi. Si sono bruciati miliardi di € e nessuno si è posto il problema. Le norme basilari di qualsiasi fondazione prevedono la conservazione del valore dell’investimento per poter continuare ad erogare prestazioni al territorio di riferimento, prevedono il frazionamento del rischio… prevedono una non sudditanza alla politica, ecc. ecc. queste cose sono state tutte disattese, ma ancor più grave è che nessuno si è fermato un attimo a valutare cosa sarebbe successo ipotizzando uno scenario negativo. In qualsiasi impresa si deve considerare anche cosa fare in caso di risultati negativi. Nessuno ha pensato, nemmeno dopo aver perso il controllo assoluto, se non fosse stato il caso di cedere del tutto la banca, magari restare con una piccola percentuale. Non è stato valutato che sicuramente il pacchetto di controllo avrebbe potuto fruttare una bella cifra grazie al premio di maggioranza e Siena avrebbe potuto disporre di un vitalizio notevole. Ora la situazione è disperata, i target price sulla Banca sono pessimi e bisogna decidere cosa fare. A 0,1287 le azioni saranno escusse ed ai senesi resterà qualche briciola.

La cosa terrificante è che vedendo come sono andate le cose abbiamo capito che forse sarebbe bastata la diligenza del buon padre di famiglia per evitare questo disastro.